In questo momento, l'amore non è più in discussione.
Rimane solo un'onnipresenza, qui e altrove, come un desiderio che si proibisce quando prende una forma precisa e si chiama "l'altro". L'altro, essere di linguaggio, di parole, e le sue censure inquietanti, dalle quali ci guardiamo per paura di comprendere segreti.
La vicinanza dei loro corpi, non preparati, i loro profumi naturali, le loro acconciature semplici che impediscono ai capelli di coprire il viso, i loro gesti, la parziale scomparsa delle loro curve femminili, i loro sguardi su se stesse.
In prossimità dei loro corpi, non c'è spazio per una sposa, sono anch'esse single, in cerca di qualcosa, piuttosto vago e, soprattutto, persistente, come se fosse saldamente ancorato nella psiche.
Così, nella distanza che si è ridotta a quasi nulla, si apre un abisso estremo, l'impossibilità di mantenere qualsiasi coerenza di sé, se, all'improvviso, questo vuoto a malapena sopportabile, questa cesura inesorabile si dissolvesse in abbracci aberranti che farebbero perdere coloro che si abbracciano, ognuno nei propri affetti primordiali che godrebbero o rigetterebbero con il terrore che l'esperienza quasi pura delle sensazioni senza significati comporta.
Il colpo sarebbe così brutale e rapido da non lasciare spazio a un solo pensiero, le emozioni travolgerebbero tutto, compreso il più piccolo segno, il minimo denominatore possibile.
Anche gli oggetti dei loro corpi, per quanto io li rinominassi, l'enumerazione non è altro che un elenco di sinecdoche della loro totalità ridotta a un'immagine: un seno, una mano, una caviglia, un gluteo ben tornito o il loro pube prominente, le loro labbra, purpuree o d'avorio, contornate, il cui continuo e dolce sussurro del loro respiro sento.
Dal momento che non lo chiedono, ma probabilmente lo preferiscono, distolgo lo sguardo dai loro sguardi, altrimenti, imbarazzate, rimarrebbero in se stesse, vietate di essere altro che un esemplare in un'immagine del femminile.
E il pesante e lento rifiuto di loro stesse, costrette da una visione maliziosa e falsamente chiara come una evidenza della loro natura femminile, valutabile senza il loro consenso. A meno che non si ritirino o si espongano per "niente" o per "nessuno", come uno spreco della rappresentazione sterile di sé stesse, di cui sono le virtuose performative. Almeno alcune di loro.
Quando nessuno le guarda, anche se rimangono indifferenti a essere viste, non sono mai veramente sole in se stesse, esseri singolari, unici, che si sono fatti da sole e procedono dal proprio lavoro su se stesse?
Ho la sensazione, come mi accade anche nella mia solitudine, che un fantasma perseguiti il mio io, che anche loro abbiano questo coinvolgimento con un'immagine particolare, questa immagine materna, un'illusione invisibile, un'oscura idolo con ornamenti violenti come veli penetrabili, con ornamenti vistosi e vaghi, con la luminosità di lame laceranti e con movimenti insidiosi che isterizzano le nostre trance depersonalizzanti.
A questo punto, dove la perdizione sembra certa e si potrebbe concludere con una rottura brutalmente umiliante, che trasformerebbe la stretta ma abissale fenditura che a malapena ci separava in un'infinità modesta ma definitivamente discriminante, l'intoccabile potrebbe diventare il rinnegato rimandato ai propri feticci; tuttavia, potrebbe accadere qualcos'altro, in modo diverso da quei gesti attentamente pesati al di sotto del linguaggio e neganti del pensiero.
Nonostante le censure personali, plasmate senza che noi lo sappiamo, gli atti, come uno scambio corporeo, scambiano parole, frasi con parole disposte in un ordine particolare che ci è proprio. Le nostre reciproche disincarn
azioni caricano le nostre parole di svolte carnali impronte come ferite cuneiformi in noi stessi malleabili e privi di una forma ben definita.
I riferimenti nelle loro frasi sono così impliciti che, secondo le loro strane fantasie, assomigliano a tessuti fatti di nodi multicolori e vari, le loro idee così acute, decifrabili, forse, se mi dimenticassi completamente e leggessi costantemente le loro decorazioni verbali. La mia lettura e le loro scritture sono della stessa sostanza del pensiero.
E l'analogia è operativa, eliminando la vertigine o accentuandola al punto da non avere più paura di cadere mortalmente.